venerdì 5 luglio 2013

Un’emergenza democratica: diffondete questo appello


Firmate e diffondete questo appello e iniziativa promossa dal Movimento degli Uomini Beta(MUB).

 Per esprimere la propria adesione, basta dare il proprio nome e cognome attraverso un commento sul sito di tale movimento(www.uominibeta.org), oppure attraverso una email al seguente indirizzo email: uominibeta@uominibeta.org

Un’emergenza democratica

Ormai da anni è in corso nel nostro Paese una campagna mediatica martellante e sistematica finalizzata ad accreditare la tesi che in Italia sia in atto un genocidio del genere femminile, altrimenti detto “femminicidio”.


E’ una tesi di emergenza priva di qualsiasi fondamento. In Italia ogni anno le donne assassinate sono circa 120/130, a fronte del triplo o del quadruplo degli uomini, pari ad una quota di 5 ogni milione.

Di queste, solo la metà e anche meno vengono uccise in ambito familiare ed affettivo, le altre perdono la vita in circostanze delittuose quali rapine, sparatorie, ed altri reati comuni in cui peraltro restano vittime, ed in numero assai maggiore, anche gli uomini.

E’ ovvio che ogni vita violentemente soppressa, di donna o di uomo, è una tragedia. Considerazione che non deve impedirci di osservare la realtà con lucidità. Questa ci parla dunque di una percentuale minima per un paese di 60.000.000 di abitanti. Nessun analista eleverebbe questi numeri a “fenomeno”, tanto meno da trattare con misure o leggi straordinarie. Secondo l’OMS, il numero delle donne uccise in altri paesi europei è fino a tre (Francia, Germania o Svezia) o anche quattro volte superiore (Finlandia).

Altri dati ONU del 2012 confermano che l’Italia è il paese più sicuro per le donne, secondo solo alla Grecia.

Si tratta dunque di una vera e propria manipolazione della realtà. Il punto più alto di questa offensiva mediatico-politica è stato toccato quando si è giunti a sostenere che la prima causa di morte per le donne sarebbe la mano omicida degli uomini. Basta il buon senso per capire che un simile dato è assolutamente inverosimile.

Eppure è stato detto che “ne uccide più l’amore che il tumore”, ossia che 120 sia un numero più grande di 18.000; slogan coniato dagli “esperti” di comunicazione che trova puntuale eco su tutti i media. La stessa Amnesty International si è vista costretta anni fa a smentire questa “notizia”, diffusa da fonti non ufficiali e non scientificamente verificata.

In questo clima, costruito artificiosamente, si è arrivati alla ratifica della Convenzione di Istanbul, la quale afferma esplicitamente che i maschi violenti sono i sicari dell’intero genere maschile ed esecutori di delitti di cui tutti gli altri uomini beneficiano colpevolmente, compresi quelli che ripudiano e non hanno mai praticato violenza.

Convenzione incredibilmente ratificata all’unanimità da entrambe le Camere. Bisogna diffidare delle votazioni unanimi e senza un vero dibattito; quando si vota nello stesso modo dall’estrema destra all’estrema sinistra c’è qualcosa che non va. La democrazia non si fonda sull’unanimità ma sul principio di maggioranza e minoranza, e quando si vota senza neanche un deputato che metta in discussione un qualsiasi aspetto, bisogna preoccuparsi perché significa che la democrazia è in una situazione di grave sofferenza.

Anche solo da un punto di vista statistico non è possibile che nessuno/a membro della Camera abbia avuto una minima critica da opporre, sia pur tecnica, nei confronti di quella Convenzione che peraltro (è bene ricordarlo) è stata rigettata da molti Paesi europei, tra cui la Danimarca, paese di solide tradizioni democratiche. Dobbiamo chiederci come e perché sia stato possibile: semplicemente, chiunque avesse osato contraddire la Convenzione sarebbe stato accusato del crimine più orrendo, quello di coprire politicamente chi “uccide le donne in quanto donne”, alla stregua di chi copre o giustifica l’assassinio di un ebreo o un nero in quanto tali.

Riteniamo colpevolmente fuorviante condannare la sola violenza maschile verso le donne e non la violenza in tutte le sue forme e manifestazioni, da chiunque venga esercitata.

Con l’approvazione di tale Convenzione viene ufficialmente sancito che “la violenza contro le donne è di natura strutturale, in quanto basata sul genere” e che essa “è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini”.

Viene così sancito che la violenza è esercitata a senso unico dagli uomini sulle donne al fine della loro sottomissione. L’ipotesi contraria (che anche gli uomini subiscano violenza dalle donne) non è nemmeno presa in considerazione né contemplata, in spregio ad ogni dichiarato proclama di condanna del sessismo.

Con tale Convenzione viene di conseguenza a cadere anche il falso concetto di “violenza di genere”, una foglia di fico che ne camuffa ipocritamente il contenuto reale; da oggi non ha più senso parlarne perché già derubricata come “violenza maschile”. In questo modo la tesi, o meglio l’architrave ideologico del femminismo più oltranzista, sessista e razzista, diventa legge di Stato.

Ciò è lesivo della dignità maschile e discriminatorio.

L’approvazione della Convenzione è il lasciapassare per future leggi sessiste, antidemocratiche ed anticostituzionali che verranno approvate a breve, con l’obiettivo, tra gli altri, di sterilizzare il conflitto sociale e di dirottare l’attenzione dell’opinione pubblica, in particolare dei lavoratori e delle lavoratrici, dalla realtà di una crisi economica che sta producendo sempre più diseguaglianze e ingiustizie sociali dagli effetti devastanti ed intollerabili. Opporsi a questa deriva illiberale e liberticida è dovere di ogni sincero democratico e di ogni sincera democratica.

E’ nostra intenzione rivolgerci a tutti/e coloro che hanno a cuore il futuro della nostra democrazia per una mobilitazione comune contro questa deriva politica, culturale e civile, che rischia di far tornare il nostro Paese agli anni più bui della sua storia.

Seguono firme.




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